Pagine da Cold Point di Paul Bowles - analisi critica
- lollodan
- 26 lug
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 2 ago

Tutte le citazioni letterali in questa analisi del testo del racconto Pagine da Cold Point tratto dalla raccolta La Delicata Preda sono tratte dall'edizione Feltrinelli, Milano, 2006. Verrà indicata solo la pagina.
Pagine da Cold Point di Paul Bowles è uno dei racconti più disturbanti che abbia mai letto. Ciò che lo rende eccezionale è come viene combinata la sua brevità con l’impianto retorico che l’autore utilizza. Più semplicemente: pur essendo poche pagine, l’autore riesce a creare delle aspettative e certezze nel lettore, per poi disintegrarle negli ultimi pochi paragrafi, creando un effetto di shock e di orrore . È interessante anche come segni della catastrofe finale siano disseminati all’interno di tutto il racconto, ma noi come lettori non possiamo coglierli perché raccontati da un narratore interno in prima persona, che ci inganna e ci manipola dall'inizio alla fine. La catastrofe stessa è scritta in modo volutamente criptico e passibile di interpretazione — ci vogliono più letture per convincersi che ciò che sospettiamo con terrore sia realmente accaduto…
Pagine da Cold Point viene dalla raccolta La delicata preda, un opus magnum (di grandezza microscopica…) di racconti selezionati che attraversano l’intera carriera artistica dello scrittore. Dal poco che posso aver capito di lui (non ho accesso a buona letteratura in materia), viene identificato come uno dei massimi esponenti della narrativa breve americana — sopratutto quella del filone pessimista del secondo dopoguerra. La premessa del racconto è molto semplice: un padre si trova ad essere l’unica figura di riferimento per il proprio figlio (di nome Racky), dopo la morte della moglie. Insieme, grazie a intelligenti investimenti, si trasferiscono a Cuba in una tenuta in affitto in mezzo alla natura, dove — il padre spera — il figlio sedicenne possa crescere libero e sereno dalle difficoltà della civiltà organizzata e industriale. Sin da subito emergono dei temi cardine che caratterizzano benissimo la figura del padre: egli è un pessimista cosmico. Nella prima e seconda pagina emergono tempi apocalittici e nichilisti riguardo la natura umana e la natura della vita in sé. Narrato in prima persona, leggiamo i suoi pensieri:
La nostra civiltà è condannata a vita breve. […] Più grosse sono le bombe, più si farà in fretta. La vita è ostensibilmente troppo orrida perché si possa fare il tentativo di salvarla. Se ne vada. Forse un giorno o l’altro comparirà sotto una nuova forma.
p.135
È interessante che il suo pessimismo cosmico (l’intera vita umana e naturale è condannata ad essere uno sbaglio) si intreccia con un vago senso di possibile ottimismo teleologico: ok, la vita può e merita di morire, e faccia in fretta — ma non è detto che non ritorni e non sia migliore la prossima volta. Questo briciolo di luce alla fine del tunnel è un secondo elemento, diverso la pessimismo, che si lega all’incredibile e purissimo amore paterno che egli ha per il figlio: il motivo per cui lo porta a Cuba nella tenuta affittata è per metterlo al riparo dalle sofferenze cittadine. Per donargli tranquillità, libertà e un luogo sicuro dove crescere. Questo aspetto di quanto valorizzi la liberà esistenziale del figlio emerge molte volte — come emerge la scelta ponderata paterna di non porre regole al sedicenne. Parafrasando: ma farò bene a lasciarlo fare?, farò bene a donargli questa libertà? Sì, io mi fido di mio figlio e faccio il suo bene a non interferire con la sua crescita. Sentimenti di questo genere li troviamo disseminati in tutta la prima parte del racconto:
Non posso certamente essere seccato per le sue avventurose escursioni in bicicletta. […] Né mi preoccupo mai che sia in pericolo: so che è in grado di badare a sé stesso molto più della maggior parte degli adulti.
p. 140
Racky deve rimanere fuori ogni volta che vuole, con chi vuole e per tutto il tempo che vuole […]. La mancanza di fiducia da parte di un genitore è l’unico peccato imperdonabile.
p. 142
È in questo modo che Paul Bowles ci “frega”. Con questo punto di vista personale, ragionevole e amorevole del padre non ci accorgiamo di come la tragedia sia in arrivo. Stando a contatto col padre, narratore interno in prima persona, iniziamo a provare come lettori empatia e condivisione del suo discorso sul figlio e sulla vita. Siamo spinti retoricamente ad accordarci con lui perché ascoltiamo tutti i suoi pensieri. E se non condividiamo al 100% almeno diamo ascolto alle sue parole e siamo obbligati a valutarle. In un certo modo il personaggio nel racconto si fa rispettare dai lettori: appare come un genitore preoccupato e un uomo in conflitto con le parti peggiori della società contemporanea. Ed è questo rispetto e la fiducia che esso implica che verrà usato contro di noi.
Ci sono infatti diversi eventi nella narrazione che fanno nascere delle perplessità e delle preoccupazioni per questo rapporto padre-figlio così stretto e intimo. Ma per diversi motivi (che dirò) non riusciamo a immaginare l'orrore che si nasconde sotto questi campanelli di allarme. Per esempio, c’è uno zio Charles che si intromette all’inizio del racconto, lasciandoci perplessi: si oppone categoricamente a questa fuga di padre e figlio, si preoccupa dell’isolamento i Racky. E arriva a dire anche “se potessi fermarti con mezzi legali lo farei! […] Non sei certo il tipo a cui affiderei la custodia del ragazzo! […] Credi che io abbia dimenticato?” (p. 136-137). Perché questo zio è così “folle”? Come si permette di intromettersi nelle decisioni del padre legittimo riguardo a suo figlio? Che cosa non ha dimenticato, però? Che significa? Questi dubbi ci vengono subito sottratti dalla voce melliflua e seducente del nostro padre-protagonista, che con un altro dei suoi giri di parole e discorsi pessimistici e ragionevoli ci dice che lo zio Charles è solo lento e ottuso, e che pensa che “tutti quelli che incontra siano impegnati in un gioco privato per fotterlo.” (p. 137). Il modo in cui sminuisce lo zio, in cui lo ritrae come un inutile pezzo grosso della città, senza cervello e sensibilità, fa si che i nostri dubbi sulle sue strane parole passino in secondo piano. In un certo senso ce le fa dimenticare, nel turbine della sua pressante logica…
Come Charles, ci sono altri sintomi di malessere, di problematicità. C’è un commento, del padre (verso quasi lo svelamento della catastrofe) a pagina 148, dove dice che il figlio si vergogna a fare il bagno nudo con lui in mare — e non si toglie mai il costume senza prima farsi pregare. Oppure, disseminate per tutto il libro, frasi specifiche del padre che descrivono un intimità sia mentale che corporale tra i due che lascia per un momento confusi: per quanto sia apprezzabile la fiducia incondizionata del padre verso il figlio Racky, gli elogi non smettono di piovere, senza una sola critica — al punto che possono diventare sospetti. Pensieri assoluti ed estremi come “anche se dovesse essere avventato e sconsiderato, o persino scortese con me credo che sarei soltanto capace di amarlo ancora di più” (p. 140) lasciano spiazzati. E riguardo il corpo il padre sembra avere uno strano modo di descrivere quello del figlio: quasi attratto e invidioso insieme: “forse sono geloso del corpo flessuoso, della pelle liscia, dell’animalità della sua energia e grazia.” (p. 140). Anche qui, questi eventi disseminati dall’autore hanno una plausibile spiegazione non maligna: magari il padre che prega il figlio di spogliarsi è uno scherzo tra di loro di cui non siamo a conoscenza; magari l’incapacità di dubitare di Racky da parte del padre è un vero e proprio difetto genitoriale, di cui il narratore-personaggio non riesce a rendersi conto; magari descrive il corpo del figlio con questi tratti così espressivi perché è un uomo che vive molto la fisicalità. È anche questo che confonde: questo padre sembra un inguaribile romantico, attaccato alla natura, e alla realtà sentimentale e corporale delle cose. Tutto l'insieme dei suoi pensieri, dubbi ed elucubrazioni ci indicano che vive con estrema passione, e di sicuro anche la paternità. Quindi perché dubitare di lui? Se è questa la "pasta" di cui è fatto, non possiamo che comprenderlo: nel suo entusiasmo, in tutta questa espressività di linguaggio. Inoltre la quantità di tempo che passiamo nella sua testa diluisce la frequenza di questi "eventi sospetti", fino a farli sembrare secondari nell’economia della narrazione: questo è un altro motivo per cui siamo diffidenti dal sospettare qualcosa di terribilmente grave da essi.
Ma alla fine, arriva la catastrofe. Dopo un po’ di tempo passato in soggiorno nella tenuta — tra le scorrazzate nella natura e in città di Racky, e i soliloqui solitari e penosi del padre —, si vengono a scoprire fatti scandalosi del figlio: Racky seduce gli uomini del villaggio e si fa pagare per concedere loro favori sessuali. La popolazione è in subbuglio e deve intervenire lo sceriffo per chiedere al padre di allontanare il figlio dalla comunità. Emerge in queste pagine un altro tema della poetica di Paul Bowles: il colonialismo. In questo racconto (come in tanti altri de La delicata preda) l’uomo bianco — ricco e possedente di parte della terra — si permette di spadroneggiare facendo ciò che vuole contro i costumi e le usanze delle comunità native che va a invadere. Racky non si fa nessun problema a sedurre uomini sposati e ragazzini, minando le fondamenta dell’ordine sociale illiberale ma nativo della comunità nera del villaggio. Nemmeno il padre sembra turbato dall’atto in sé, quanto più dal fatto di dover limitare la libertà di Racky sotto le minacce dello sceriffo. Sono due uomini insensibili alle persone che hanno intorno: se la prostituzione minorile e l’omosessualità sono fatti che a loro non turbano, non è detto che il paesello indigeno che li ospita li possa accettare. Ancora una volta l’uomo bianco va dove vuole e fa quello che vuole…
Come già detto il padre non sa come gestire la situazione: viene intimato ufficialmente dalle autorità a tenere il figlio in casa, è costretto a licenziare un ragazzo della servitù, Peter, perché ha avuto rapporti sessuali con Racky e da lui veniva ricattato. In questo turbine di eventi il padre non dice nulla al figlio e si comporta da smidollato di fronte alla crisi. Racky continua a spadroneggiare in casa mentre il padre subisce passivamente:
E mentre era lì in piedi davanti a me, nudo, intento a cantare a pieni polmoni, […] ho avuto coscienza che ancora una volta non sarei stato capace di dirgli quello che avrei dovuto.
p.153
La notte stessa accade ciò che non avremmo mai voluto: il padre trova nel proprio letto Racky nudo e addormentato. I due hanno un rapporto sessuale. È difficile capacitarsi dalla scrittura di cosa accada veramente, ma i segni verbali, dopo una meditata attenzione, non possono essere fraintesi: il corpo di Racky è caldo e sodo (come puoi saperlo senza toccarlo? — inoltre l’aggettivo “sodo” dice fin troppo nel contesto della nudità e del dormire insieme…), il padre rimane sveglio fino al cantare degli uccelli la mattina e ci dice che il figlio era rimasto immobile tutta la notte anche se non “è naturalmente possibile” (p. 156). Ecco che in un solo paragrafo la percezione di tutta la storia si capovolge, per lo sconvolto lettore: il padre non è un un inguaribile romantico con dei grossi difetti, ma un perpetratore di abuso sessuale intra-familiare (definizione scientifica, amorale). E Racky, il figlio, non è un ragazzo arrogante che spadroneggia in casa e nella comunità nativa in cui vive: ma la vittima di uno dei crimini peggiori. Con questo finale, la vera spiegazione a tutte le stranezze del loro rapporto viene a galla. Il Male si nasconde nelle pieghe più intime della famiglia. La storia finisce senza risolvere niente: Racky viene portato a Cuba in modo da poter vivere in un luogo più liberale che accetti la sua omosessualità e il padre si eclissa piano piano dalla vita del figlio rimanendo nella tenuta di Cold Point. Non viene fatta più parola dell’incesto, non ve n’è nessuna esplicita o implicita traccia verbale. Non c’è nessuna riflessione morale o filosofica per i due personaggi: essi continuano a vivere uguali a sé stessi, come se tutto ciò che è accaduto non avesse lasciato nulla indietro. Racky incosciente di essere vittima di uno dei crimini peggiori, il padre malevolmente ottuso riguardo al Male che ha fatto e che egli stesso rappresenta per l'umanità.
Tutto finisce con un soliloquio del padre: solo e isolato continua fino alla fine parlando di cose irrilevanti e naturali (la brezza, l’acqua della spiaggia della tenuta, il pranzo in arrivo…) permeate da una fortissima carica nostalgica. Il racconto termina con un sospiro impercettibile di commiato: nella scrittura del padre che scompare lentamente dalla scena, e per lo sconvolto lettore che non riesce ancora bene a fare i conti con la realtà di ciò che è successo.
Qui termina l'analisi più prettamente testuale del racconto. Vista la sua lunghezza, le mie conclusioni finali e il tentativo di dare un senso a quest'opera le scriverò in un altro successivo post in uscita a breve. Grazie per la lettura! Ci vediamo nel prossimo articolo.