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Scrivere di sé stessi (online)

  • Immagine del redattore: lollodan
    lollodan
  • 28 giu
  • Tempo di lettura: 5 min
Un'immagine del mio quaderno creativo per il blog
Un'immagine del mio quaderno creativo per il blog

Nell’attività artistica, un grande nodo per ogni creativo è il rapporto con il pubblico. Il mio pubblico da sempre è stato una ristrettissima cerchia di amici e familiari nei quali confidavo, che avessero cura di darmi pareri onesti e fossero gentili nell’esprimerli. La dinamica per un artista che decide di cambiare il proprio pubblico — cioè per me farsi leggere da dei possibili sconosciuti — è un processo di grande importanza. Immagino che possa essere molto eccitante per altre persone l’idea di avere una piattaforma su cui condividere le proprie creazioni. E non si parla di gloria, perché per il 99% dei creativi il pubblico ricevente sarà sempre molto modesto. No, si parla di semplicemente affidarsi alle mani di individui esterni e vedere che succede.


Per me questo processo, di fare un blog, è avvenuto con una importante dose di angoscia: l’atto di uscire dalle mani vellutate di persone fidate e care, per buttarsi nell’ignoto dell’etere dell’internet è stata (ed è) una prospettiva spaventosa. Ma non perché per forza avessi paura di gente rancorosa malintenzionata che trovasse modo di sminuire il mio lavoro con commenti o interazioni maligne. No, io credo che questo non avverrà per forza; e se avverrà credo di avere tutti gli strumenti per difendermi. Inoltre al momento non sto venendo letto molto, né ho alcun successo di engagement e visualizzazioni — e mi va ampiamente bene così.


Io parlo di mia angoscia per un motivo più strano e più profondo. In un certo senso sono una persona molto sensibile e pudica, e quello che mi spaventa è farmi vedere — in generale. Mi disturba l’idea che persone sconosciute riescano bene a decifrare la mia identità. Non ho un problema davvero con l’idea del pubblico in generale, ma con l’idea di essere conosciuto per quello che sono: come persona normale, nella realtà quotidiana. Faccio questo discorso perché penso che arriverà presto il momento in cui vorrò condividere degli scritti inediti, e riflettevo su cosa posso permettermi di condividere e cosa no.


Mi rendo conto che non sono obbligato a condividere quei pezzi di arte che ho creato per motivi personali o di necessità. Una certa quantità della mia arte mi rendo conto che deve essere tenuta segreta, e difesa in un certo senso, perché penso che mi riveli troppo: riveli troppo le mie difficoltà, i miei problemi e le mie fragilità. Certi scritti sono troppo chiaramente ispirati a fatti reali (il lettore lo capirebbe) perché io possa accettare di essere invaso nella mia privacy condividendoli. Quindi effettivamente è un bisogno di privacy. La maggior parte degli altri miei scritti, però (e credo che sia comune ad ogni artista) solo incidentalmente ha a che fare con i miei fatti biografici: credo che spesso ciò che spinge un artista a creare è un’ispirazione che magari pertiene alla vita privata, ma poi si trasforma in qualcosa di diverso da sé stessi — dalla diretta enunciazione della propria persona. Io penso che per me gran parte del mio metodo creativo sia di prendere un’emozione, un pensiero, una sensazione, una situazione; ed analizzarla fino alle sue estreme conseguenze. Questa è una cosa che mi piace molto di me, di come sono come artista. Mi caratterizza: questo desiderio di andare in fondo alle cose e metterle in crisi; ma allo stesso tempo è solo un metodo — non sono fatti reali biografici. Se analizzo e porto alle estreme conseguenze la storia di un uomo paranoico che si sente perseguitato da un piccione (una delle mie ultime storielle brevi di cui sono stato felice) non mi sento rappresentato, messo in mostra; non sono chiaramente io, né è la mia biografia. Magari ha radici nella mia biografia, il pensiero scatenante del racconto: ma è solo un pensiero, non la mia intera immagine; oltretutto il lettore non potrebbe sapere quale sia il pensiero originario, non conoscendomi. Quella che avviene è la fiction, i mondi possibili che l’arte crea: e per fortuna. Non credo sarebbe sostenibile per la maggior parte degli artisti parlare solo e direttamente della propria vita privata, per una questione proprio solo di salute mentale. Alla fine è parte del compito di noi artisti far parlare altri personaggi, altre voci narranti, altre maschere: che portano i nostri temi e le cose che ci sono care, non solamente la nostra biografia reale. Ci trasformiamo (ci possiamo trasformare, in realtà…) in altro da noi, per il breve o lungo periodo dell’atto creativo.


Per questo la mia attività sul blog è iniziata condividendo i miei pensieri su opere di altri autori: perché in questo modo potevo scrivere e mettere in mostra la mia scrittura — ma allo stesso tempo avevo lo schermo, la protezione, di non stare scrivendo di me. Però lo faccio con la consapevolezza che comunque ogni atto comunicativo racconta qualcosa del proprio autore: non mi sono mai illuso che parlare di altri non dicesse niente di me. Come scrivo, ciò che analizzo, come decido di disporre i miei argomenti: tutto questo trasmette informazioni a un eventuale lettore. Infine la sola decisione di fare un atto artistico o comunicativo ci rivela in qualche modo, perché la nostra decisione di mettere in mostra qualcosa di specifico dice irrimediabilmente quello che per noi è importante: gli esseri umani di solito non sprecano tempo ed energia per parlare di cose per essi irrilevanti. Se sei un ricercatore di storia medioevale qualcosa significa, se scrivi romanzi erotici qualcosa significa, se dipingi con l’acquarello paesaggi qualcosa significa…


Per me quindi è stato importante poter mantenere questo doppio filo: l’idea che scrivendo sul lavoro di altri non esponessi la mia privacy e biografia personale, ma che allo stesso tempo potessi comunicare qualcosa di me lo stesso — ciò che mi piace, ciò che per me è importante, il mio stile di scrittura. Andando avanti mi rendo conto che la naturale evoluzione per un autore appassionato è rivelarsi un pochino di più, un po’ alla volta. Credo che sia anche bello per me poter condividere i miei inediti nel momento in cui trovo piano piano la sicurezza di farmi vedere. Anche questo scritto in sé è un notevole passo rivelatorio nel processo del blog: ho parlato solo mi me in senso biografico. Parlo ovviamente in quanto autore sconosciuto e possessore di una piattaforma che vuole e deve crescere: ma anche se all’inizio quasi nessuno mi legge, questo non lo vedo come un problema. Una volta che una cosa è condivisa e raggiungibile su internet essa spera di essere letta e si allontana dal controllo immediato sul pubblico del proprio autore. È eccitante, anche — ritorna l’eccitazione sana e benefica di cui parlavo all’inizio del post. Alla fine bisogna cercare di non avere paura; o, se la si ha, bisogna cercare di dialogarci per vedere cosa ci è permesso nel processo di volersi far leggere. Penso che sarebbe bello trovare il coraggio e mostrare qualche inedito — ed ora come ora mi sento che mi piacerebbe anche scrivere di self help e salute mentale se mi sentissi sicuro del valore dei miei scritti (sono anni che scrivo di self help, in maniera privata e diaristica). Questo però mi esporrebbe infinitamente di più riguardo al tema della privacy, che è il punto cardine di che ho cercato di esporre in questo post del blog. Vedremo. Ci sono tante possibilità eccitanti, anche se non dovessi perseguirle. E questo è bello in sé. Vi auguro una buona giornata.

 
 
 
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